Cominciamo coi dati di fatto, ossia con ciò che ormai si può considerare verificato sperimentalmente.
L'argomento viene di solito presentato
parlando di gemelli, ma è più fisico parlare di orologi. In
questi termini l'enunciato è assai semplice: si hanno due orologi, A e
B, che si trovano inizialmente nello stesso posto e sono sincronizzati. Per
semplicità, come si fa sempre, ci troviamo in una regione di spazio
lontana da qualsiasi massa, per cui non occorre considerare effetti
gravitazionali.
Si prende l'orologio B e lo si separa da A:
mentre A viene lasciato muoversi di moto rettilineo uniforme (sarà
quindi fermo in un opportuno riferimento inerziale) B si allontana per un
certo tempo (meglio se a grande velocità) e poi torna a incontrare
A.
Materialmente si può pensare che A e B
si trovino su due astronavi affiancate: mentre quella di A rimane a motori
spenti per tutto l'esperimento, quella di B accende i razzi, compie un viaggio
a piacere, torna vicino ad A, manovra in modo da affiancarsi di nuovo, e si
ferma rispetto ad A.
A questo punto si confrontano gli orologi, e si
trova che A è avanti rispetto a B.
(Ho dato la versione semplice; ma in realtà anche se entrambe le astronavi accendono i motori e viaggiano come vogliono, fino a incontrarsi di nuovo dopo un po', di regola si troverà una differenza fra i due orologi; solo che in questo caso generale è più difficile dire quale orologio sarà avanti rispetto all'altro.)
Messo in questi termini, non si tratta di un
paradosso, ma solo di un fatto sperimentale, che può essere verificato
oppure no, può essere criticato dal punto di vista
dell'attendibilità dell'esperimento; ma niente di più.
La prima verifica diretta è stata fatta
da Hafele e Keating nel 1971 (usando comuni aerei al posto delle astronavi).
Il paradosso nasce in due tempi:
1) | Dato che noi siamo attaccati alla concezione newtoniana del tempo
assoluto, ci sembra assurdo che i due orologi possano segnare tempi
diversi. Ma questo non è ancora un paradosso; è solo la
motivazione psicologica per cercare di confutare l'esperimento. Va tenuto presente che per molti anni, dopo la nascita della relatività, l'esperimento non era realizzabile; quindi aveva senso da una parte proporlo, ma solo come esperimento ideale, ossia nel senso: "se crediamo giusta la relatività ne segue questo". Ma dall'altra aveva altrettanto senso cercare di confutarlo, scovando qualche baco nel ragionamento. Oggi la situazione è diversa. |
2) | La confutazione più comune è la seguente: se è vero che B si è mosso rispetto ad A, e si spiega che segni un tempo minore per il fatto che si è mosso, basta mettersi dal punto di vista di B per capovolgere l'argomento. Ora B appare fermo ed è A che si allontana e ritorna. Dunque dovrebbe essere A a segnare un tempo minore. Poiché le due cose non possono essere entrambe vere, l'unica via d'uscita è che siano entrambe false, ossia che i due tempi siano uguali. |
Si vede che la confutazione si basa su
un'idea: che il moto è relativo, e quindi tutti gli effetti del moto
debbono essere altrettanto relativi. È notevole che a chi ragiona
così può sembrare che la relatività "si dia la zappa
sui piedi", perché è proprio uno dei fondamenti della
relatività che a tutti gli effetti il moto deve essere considerato
relativo, in quanto non esiste un sistema di riferimento privilegiato.
Ma è facile ribattere: la RR asserisce
l'equivalenza fra riferimenti inerziali.
Ora non è possibile che entrambe le astronavi siano riferimenti
inerziali: può esserlo una, o nessuna delle due, ma non entrambe.
Dunque la supposta equivalenza non sussiste.
Ed ecco dove può entrare in ballo la
RG, se la si vede secondo la prima interpretazione. Nel quadro della RG
possiamo liberarci dalla restrizione ai riferimenti inerziali, e studiare il
problema dal riferimento di una o dell'altra astronave.
Questo è perfettamente vero, anche se
alquanto complicato. In molti testi si trova il calcolo dettagliato, e il
risultato è quello che doveva essere: è vero che possiamo
studiare il problema da entrambi i riferimenti, ma il tempo in un riferimento
accelerato ha proprietà "strane" e nient'affatto intuitive.
Se si fanno i conti per bene, si vede che comunque si proceda, rimane sempre
vero che l'orologio A segna un tempo più lungo.
Ma è vero allora che il paradosso dei
gemelli è un problema di RG? La mia risposta è no, per due
ragioni.
La prima è che l'uso di riferimenti
accelerati fa parte della RG solo se si accetta la prima interpretazione.
Nella seconda interpretazione, dato che non siamo in presenza di
gravità, lo spazio-tempo è sempre piatto e quindi non usciamo
dalla RR.
Detto in altre parole, i riferimenti accelerati
possono essere capiti senza uscire dalla RR (l'ho già detto nella prima
puntata).
La seconda ragione è che il fenomeno
in quanto tale non ha niente a che vedere con riferimenti, più o meno
accelerati. Abbiamo due orologi che si lasciano e si ritrovano: quello che
vogliamo sapere è se segneranno lo stesso tempo oppure no.
A questo risponde benissimo la RR, attraverso
il concetto di tempo proprio. Ogni corpo
(schematizzabile con un punto materiale) ha un suo tempo proprio, strettamente legato alla metrica dello spazio-tempo.
In un certo senso, possiamo considerare il
tempo proprio come la "lunghezza" della curva che il punto descrive
nello spazio-tempo (la curva esiste sempre, che il corpo si muova o no, per il
solo fatto che il tempo passa).
Se abbiamo due orologi, abbiamo due curve, che
hanno gli stessi estremi, ma sono diverse; non c'è alcuna ragione che
abbiano la stessa lunghezza, e Minkowski ci ha insegnato come calcolare tale
lunghezza. In particolare si dimostra che questa lunghezza ha una
proprietà particolare: fra tutte le curve che uniscono due punti nello
spazio-tempo, il segmento di retta ha la lunghezza
massima (non minima, ed è per
questo motivo che avevo scritto "lunghezza" tra virgolette).
Poiché questa lunghezza non è che
il tempo segnato dall'orologio, si vede subito che l'orologio A, che si muove
di moto rettilineo uniforme (per cui la sua curva nello spazio-tempo è
una retta) segnerà il tempo più lungo rispetto a qualunque
altro.
E così il paradosso dei gemelli
scompare.
Ma se qualcuno non fosse ancora convinto, vada
alla pagina seguente (a patto che capisca abbastanza di relatività,
anche dal punto di vista matematico...)
(Fine della seconda puntata)